Il Comune di Genova crede di poter censurare l’ironia dirompente del SULPL?!

I dirigenti di Palazzo Tursi hanno detto NO…

Volantino polemico di un sindacato per le troppe multe, il Comune blocca l’affissione: “Lede la dignità del corpo” (La Repubblica)

Questi i volantini dello scandalo!

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Insomma i volantini sono stati censurati perché, secondo loro, lesivi della dignità del Corpo di Polizia Locale e dell’immagine dello stesso Comune di Genova!

O forse sono stati censurati perché troppo veritieri? e si sa, la VERITA’ è un fardello pesante e deve essere celata agli ignari Cittadini! Nessuno potrà censurare o tentare di imbavagliare il SULPL; nessuno potrà impedire ai nostri Dirigenti Sindacali (che si battono, sia chiaro, per tutelare e difendere proprio i Diritti e la Dignità dei Lavoratori della Polizia Locale e per smascherare le troppe amministrazioni che vorrebbero relegarci a meri gabellieri per rimpinguare le casse comunali) di esercitare i propri Diritti Costituzionalmente garantiti! E guai se così non fosse. Significherebbe allora giustificare in qualche modo anche un certo fanatismo religioso che nel 2015 ha tentato di mettere a tacere il giornale satirico Charlie Hebdo… Nessuno può limitare la libertà di espressione, di critica, di pensiero, esercitata nei limiti consentiti dalla Legge.

Infatti, il principio della libera manifestazione del pensiero critico è la “pietra angolare del sistema democratico” (cit. Corte Costituzionale 19.02.1965, n.9; 17.4.1969, n.84) ), e “fondamento della democrazia” (cit. Corte Costituzionale n. 172 del 1972), nonché “il più alto, forse dei diritti fondamentali” (cit. Corte Costituzionale n. 138 del 1985).
Essa è definita sia come diritto individuale sia come diritto sociale affinché sia garantita “l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese” (art. 3/2, Costituzione.).
In particolare, in relazione al diritto di critica, ed in specifico a quella sindacale, derivante dai più ampi diritti di libertà sindacale e manifestazione del pensiero ex artt. 21 e 39 Costituzione, la giurisprudenza è costantemente concorde ad ammettere la possibilità di esprimersi con toni e modi di disapprovazione e riprovazione anche particolarmente aspri;
tale critica pertanto, proprio in relazione al “dovere” di rappresentanza di una categoria di lavoratori e della linea politica sindacale nazionale ed ha per oggetto un argomento di carattere corporativo, attinente cioè agli scopi ed interessi della categoria o della stessa Organizzazione Sindacale può assumere talora anche caratterizzazioni esagerate, esplicandosi con l’uso di toni oggettivamente aspri e polemici, cosa che seppur consentita nella fattispecie in esame non è stata attuata.

Si pone cioè la critica sindacale su un piano diverso da altre tipologie di critica dato che questa non deve mai essere concepita come un attacco ma bensì come una difesa dei propri diritti e dignità di lavoratori, va in somma vista come reazione ad esempio al modello organizzativo aziendale alla mancanza di sviluppi professionali ai carichi di lavoro ecc.
Da sempre le OO.SS., che agiscono in rappresentanza degli interessi dei lavoratori, esprimono una critica nei riguardi della classe politica che è al potere, denunciando la sua inadeguatezza ad affrontare problemi e per indurla ad adottare una politica migliorativa che consenta al lavoratore anche un adeguato sviluppo professionale, sempre nell’interesse della collettività.
Quando la critica sindacale si limita ad esporre fatti reali pur enfatizzandoli, il provvedimento autoritario di zittire o limitare questa azione è senza dubbio da ritenersi illecito e perseguibile ai sensi della L.300/70 (art. 28).

In conclusione, quanto sta accadendo a Genova (e quanto già vissuto da nostri Dirigenti in altre città) è da considerarsi una gravissima ingerenza nell’attività sindacale, che forse proprio a causa della veridicità delle affermazioni fatte e alla mancanza di considerazione/discussione delle proposte inoltrate dal DICCAP_SULPL a questa P.A. nell’interesse della collettività e dei lavoratori della P.L. sono sentite dagli amministratori pro tempore come un attacco di “”lesa maestà”!

La Segreteria Nazionale SULPL esprime tutta la propria solidarietà al nostro Dirigente Claudio Musicò, alla Polizia Locale di Genova e ai suoi Cittadini.

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Quanto pesa l’onore della Polizia Locale, Presidente Mattarella?

Forza e onore il resto è aria e polvere!
(Dal film Il Gladiatore)

QUANTO PESA L’ONORE?

Me lo sono sempre domandato: già…! Quanto pesa l’onore?
Non è una domanda retorica o provocatoria, sia chiaro. Vorrei davvero saperlo. E mi spiego meglio… Un anziano magistrato, fine giurista, mi disse che il reato di ingiuria generico è soggetto alla valutazione del “peso” che la vittima da al proprio onore. Qui si parla ancora di persone, di percezione individuale, perché l’ingiuria è (anzi, era) un reato contro la persona. E’ quindi la persona, vittima dell’offesa, a conferire valore alla lesione giudica del bene violato. Non è frutto di una valutazione oggettiva o, peggio, di una valutazione di una parte terza. Sarebbe abominevole che una terza parte conferisse un valore o un peso all’onore di una persona, diversamente da un’altra. Nel caso dell’ingiuria il discorso fila. Non fa una grinza. Se sono vittima di un’offesa sono libero di valutare se adire alle vie legali sulla base della percezione della sussistenza o gravita della lesione del mio onore. Infatti, un “cornuto!” detto da un amico non ha lo stesso valore della medesima parola pronunciata ad un semaforo da qualcuno che ti taglia la strada. Ci sta. Nessun dubbio.
Fin qui tutto bene. Ma siamo in Italia e noi italiani dobbiamo sempre distinguerci dagli altri. Lo sappiamo bene. Perché c’è una condizione per cui esistono due tipi di “onore”. Uno è quello personale, che mi appartiene direttamente, quello appena citato. L’altro è quello collegato al lavoro, o, detto in modo più romantico, alla funzione sociale che svolgo, giuridicamente chiamato “oltraggio a pubblico ufficiale”. Questo non mi appartiene, semmai, appartiene al ruolo inteso in senso istituzionale, appartiene allo Stato. E quindi? Chi è che valuta, anzi, “pesa” questo tipo di onore? Di certo non più la vittima, perché non gli appartiene più. A farlo, fino ad oggi, era un giudice. O meglio, la giustizia. Il giudice, però, non produceva un giudizio di valore o “pesava” l’onore di taluno rispetto ad altri. Egli si limitava a valutare le condizioni di procedibilità, ossia la sussistenza dei requisiti giuridici, gli elementi che “integrano” il reato, si dice in gergo. Li conosciamo bene noi del settore (almeno così credevo): presenza di più persone, luogo pubblico, ecc… Ma il giudice mai si sarebbe soffermato a pesare se un pubblico ufficiale fosse più onorevole di un altro.
Ma allora? Qual è il problema? E va beh.. dai! E’ perché lo ha detto Mattarella? Che vuoi che sia?
Magari così fosse! Se Mattarella lo avesse detto alla scadenza dei suoi 7 anni, con le mani dietro la schiena a ridosso di un cantiere stradale, con la postura tipica dei nostri amati “umarel”, come si dice… nulla quaestio! Nessun problema.
A dirlo è stato il Capo dello Stato, ossia il Presidente della Repubblica. Volete che sia ancora più concreto e romantico? Lo ha detto LO STATO.
Lo Stato ha rivolto il suo sguardo verso di noi, ha preso la “stadera” (la bilancia),ha pesato il nostro onore ed ha decretato che il mio onore pesa molto meno di quello di un carabiniere, di un poliziotto statale, di un finanziere e di un poliziotto penitenziario. Il mio onore pesa tanto quanto quello di un impiegato allo sportello dell’Agenzia delle Entrate. E sapete cosa vi dico? Che quest’ultima affermazione è vera! Perché siamo parimenti pubblici ufficiali. Fino a ieri credevo che non esistessero pubblici ufficiali di serie A e di serie B, ma lo Stato mi ha detto che mi sbagliavo. Ho scoperto di essere un pubblico ufficiale di serie B.
Per lo Stato, quando intervengo con il mio amico carabiniere, perché spesso è lui a chiedermelo, in una “roba da sicurezza” per fare le stesse identiche cose, un “cornuto” detto al carabiniere è reato. Se lo dicono a me no. Però se voglio posso rivolgermi al mio avvocato che emetterà un decreto di comparizione davanti al giudice di pace per fare rivalsa civile. Aaaaah… Ok. Allora così va meglio.
Vedi caro cittadino, caro Presidente della Repubblica, io la butto sul ridere. Perché altrimenti dovrei piangere. Ma a piangere non sarei io, perché non posso piangere su qualcosa che non mi appartiene. A piangere è un’intera categoria. A piangere sono 60 mila donne e uomini.
Il motivo per cui dovrei piangere però, non risiede nel fatto che secondo Lei il mio onore valga meno di altri. Il vero motivo per cui piango risiede nel fatto che il vero oltraggio, l’oltraggio più grave al nostro Onore di Polizia Locale Italiana lo ha commesso Lei. Il vero oltraggio lo ha commesso lo Stato.
E’ un messaggio molto chiaro quello che ci ha rivolto. Probabilmente, come si dice… “a botta fresca” non tutti noi abbiamo ancora preso coscienza della gravità di quello che ha scritto nella sua lettera accompagnatoria alla promulgazione del decreto. Ma quando tutti noi ne prenderemo coscienza, realizzeremo il messaggio chiaro che lo Stato ci ha rivolto. Lei, signor Capo dello Stato, ci ha definitivamente chiarito che NON siamo una forza dell’ordine. Ci ha detto che siamo vigili urbani e non Polizia Locale. Ci ha detto che il nostro onore vale meno di quello delle forze dell’ordine.
Le chiedo, quando realmente tutti noi poliziotti locali (mi perdoni se non uso il termine vigili urbani, non ho nulla contro questo termine, ma così come il Sindaco non si chiama più Podestà, noi non ci chiamiamo più vigili urbani, a meno che lo Stato non voglia, s’intende…) prenderemo seria coscienza di non essere più forze dell’ordine a garanzia della sicurezza dei cittadini italiani, continueremo a farlo? Forse si. O forse, recepiremo molto serenamente che lo Stato ha ragione. Che noi stiamo facendo cose che non ci competono e quindi ci concentreremo sui compiti istituzionali tipici di quello che lo Stato pensa facciano i vigili urbani, ossia le multe per divieto di sosta e le cose “minori”. Quelle per cui non ci vuole un grande onore, come bene ha precisato Lei.
Mi fa anche piacere che lo Stato abbia chiarito una volta per tutte che la sicurezza dei nostri cittadini sia tutelata solo dalle forze di polizia nazionali, pardon!, forze di polizia. Questo ci darà la forza piano piano, a meno che non ci sia un’inversione di tendenza nella quale confido con tutto il cuore, di deviare tutte le istanze di sicurezza avanzate dai cittadini da noi, anche quelle di emergenza, alle forze di polizia. Perché non potrà esserci omissione su funzioni che non ci appartengono. Il nostro onore varrà meno, ma varrà meno anche il ruolo che svolgiamo.
Questo è uno scenario di ciò che temo accadrà. E questo scenario lo ha determinato lo Stato.
Ma davvero lo Stato è così lontano dalla realtà delle cose? Esiste davvero questa distanza dal cittadino comune? Sono certo che in seguito alle pressioni che riceverà, specialmente dai rappresentanti di questa bistrattata categoria, sia possibile da parte Sua una precisazione come solo le persone di spessore come Lei sono in grado di fare. E con la Sua consueta eleganza utilizzerà belle parole che parranno sostenere il contrario di quello che ha scritto, anche se confermando lo stato di fatto. Ma, sinceramente, ne dubito.
In fondo, facciamo parte anche noi di quel baratro etico e morale in cui stiamo sprofondando tutti. Magari chi ha l’onore più pesante tarderà ad essere inghiottito da questo vortice, ma avverrà inesorabilmente anche per loro…. A prescindere dal peso dell’onore.

Il Segretario Regionale Agg. E-R

Giuliano Corso

TU QUOQUE DEFENSOR FIDEI… Anche il Presidente della Repubblica mortifica la Polizia Locale.

Foto Roberto Monaldo / LaPresse 09-05-2019 Roma Politica Camera dei Deputati - Giorno della Memoria delle vittime del terrorismo Nella foto Roberto Fico, Sergio Mattarella, Maria Elisabetta Alberti Casellati Photo Roberto Monaldo / LaPresse 09-05-2019 Rome (Italy) Chamber of Deputies - Memorial Day for victims of terrorism In the pic Roberto Fico, Sergio Mattarella, Maria Elisabetta Alberti Casellati

Al Presidente della Repubblica

Sergio Mattarella

E, p.c. Ai Presidenti Senato, Camera e Consiglio

Ill.mo Presidente Mattarella,
dopo aver letto le sue eccezioni al Decreto Sicurezza Bis è doveroso chiederLe se queste sono state da Lei stesso eccepite o suggerite da qualche funzionario in malafede. In particolare, pur non entrando nel merito della promulgazione che non è compito di questa O.S., con riferimento alle considerazioni al reato di oltraggio a Pubblico Ufficiale da lei minimizzato su alcune figure che svolgono FUNZIONI PUBBLICHE, vorremmo farle presente che:
– La “funzione” pubblica, proprio perché tale è a difesa e a tutela della comunità rispetto al diritto di un privato. Pertanto offendere, oltraggiare o in qualche modo minimizzare chi difende la società è maleducazione civica, che sempre e comunque dovrebbe essere adeguatamente punita, in modo tale che rimanga salvo il principio che il benessere collettivo deve prevalere su quello individuale.
– Siamo convinti che la reintroduzione dell’educazione civica nelle scuole sia un mezzo per promuovere il rispetto dei cittadini nei confronti delle Istituzioni e porre in primo piano la valenza della comunità e dei suoi valori. Il permettersi di insultare un insegnate o offendere la funzione di chi è deputato al controllo dei ticket non è solo indice di maleducazione ma anche di disprezzo e di disconoscimento delle regole e del ruolo pubblico di chi comunque rappresenta lo Stato e quindi i cittadini.
La Categoria è ferita dalle Sue affermazioni anche per il fatto di essere stati etichettati come “vigili urbani” dal Presidente della Repubblica che è lo stesso che ha firmato più Decreti Sicurezza i quali hanno riconosciuto a più riprese le funzioni, le tutele e gli strumenti per i lavoratori della POLIZIA LOCALE, che nulla ha più a che fare con il retaggio arcaico del vigile urbano.
Probabilmente perché qualcuno finalmente si è reso conto che i nostri Agenti fanno lo stesso identico lavoro e corrono gli stessi rischi delle Forze di Polizia ad ordinamento statale, spesso sacrificando la vita esattamente come loro e perché il contesto in cui si opera è totalmente mutato in peggio rispetto al passato.
Non sappiamo se l’aver definito questa Categoria come quella dei vigili urbani sia stata una cosa voluta da parte Sua, cosa che sinceramente sarebbe grave visto il Suo ruolo, o se sia stato pilotato da qualcuno che ha tutto l’interesse di continuare a tenerci nell’ombra per timore di perdere potere.
Un Presidente della Repubblica dovrebbe essere garante dei Diritti di tutti ed essere super partes. E’ inaccettabile essere definiti riduttivamente “vigili urbani” da Lei, definizione nella quale è contenuta anche una chiara accezione dispregiativa.
Vorremmo che il nostro Presidente della Repubblica conoscesse molto bene l’operato di una intera Categoria che ogni giorno si adopera per il bene della Collettività; un Presidente che se così fosse non avrebbe fatto differenze tra coloro che svolgono funzioni pubbliche, in particolar modo tra coloro che indossano una Divisa e sono a presidio della Sicurezza della Nazione nei territori.
Noi abbiamo compreso perché Lei ha evidenziato la mancanza di ulteriori tutele per i Magistrati in udienza. Comprenda anche Lei il nostro sgomento di fronte alle Sue esternazioni su quanto la norma prevede sulla Polizia Locale ed altre categorie che svolgono pubbliche funzioni. Siamo certi, di una Sua seria riflessione riguardo alle Sue esternazioni.
Distinti saluti

La struttura Nazionale SULPL
Il Sindacato maggiormente rappresentativo della Polizia Locale.
Modena, 9 agosto 2019

SDI: i poteri forti dello Stato si muovono perché si sentono intimoriti dai grandi numeri e dalla professionalità della Polizia Locale!

SDI POLIZIA LOCALE: ecco muoversi i poteri forti dello Stato, come sempre scritto e annunciato dal SULPL! I numeri e le statistiche intimoriscono la Questura e il Comando Provinciale dei Carabinieri di Brescia al punto che il Prefetto è costretto ad intervenire, anche se non è di sua competenza determinare l’operatività degli operatori della Sicurezza in campo.

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Certo che il report 2018 della Polizia Locale di Brescia può far balzare sulla sedia coloro che ai vertici tengono ben stretto il primato dei “veri garanti” della Sicurezza: 949 notizie di reato, 142 arresti (di cui 125 per spaccio e detenzione di sostanze stupefacenti), 9648 grammi di sostanze stupefacenti sequestrate e 64mila euro di proventi recuperati, 807 persone denunciate a piede libero, 950 identificazioni etc etc. Qualche grande capo sarà imbarazzato, per non dire infastidito che la Polizia Locale, quella ritenuta da taluni di serie B possa oscurare le vere FF.OO.
Lo affermiamo convintamente dopo aver letto ed analizzato il vademecum del Prefetto di Brescia con riferimento allo SDI, che qualcuno vuole tener ben stretto, probabilmente perchè come abbiamo già affermato in altra sede è l’unico modo per tenere ancora la PL alle proprie dipendenze ed evitare di farle spiccare il volo, tentativo che non sempre riesce, e la PL di Brescia ne è l’esempio lampante! Il punto 4 del vademecum è veramente incommentabile, poichè asserisce che nel caso in cui l’interrogazione dia esito positivo, la Forza di Polizia interessata “invierà con tempestività sul posto una propria pattuglia per le incombenze di competenza“. In pratica, tra le righe si legge che in caso di positività dell’interrogazione, la vera Forza di Polizia interverrà per prendersi il merito dell’operazione e balzare agli onori della cronaca, come se già non accadesse troppo spesso! La linea seguita a Brescia è a nostro avviso totalmente sbagliata; esemplare invece quella tenuta dal Questore Venezia, a cui evidentemente sta realmente a cuore la sicurezza degli operatori di Polizia (tutti, nessuna Divisa esclusa) e dei Cittadini. Il Questore Masciopinto infatti ritiene la Polizia Locale, Forza di Polizia a tutti gli effetti e ne riconosce la preparazione e l’alto profilo professionale; egli ritiene essenziale la collaborazione tra tutte le Forze di Polizia dislocate sul territorio e fornire a tutti gli operatori medesima formazione e dotazioni (Taser compreso). A nostro avviso un modello da seguire per i Questori di tutta Italia. Lo stesso Ministro dell’Interno Matteo Salvini non deve farsi influenzare da chi vuol tenere il potere ben stretto; per chi come lui afferma di tenere alla Sicurezza, è fondamentale estendere l’accesso allo SDI anche alla Polizia Locale, senza limitazioni, e definire al più presto la nostra Riforma.
Ad ogni buon conto è giusto chiarire al Prefetto di Brescia che chi ha sempre lavorato con passione, continuerà a farlo, non sarà certo una circolare a metterci i bastoni tra le ruote. La legge 7 marzo 1986 n.65 all’art. 5 rubricato : ” Funzioni di polizia giudiziaria, di polizia stradale, di pubblica sicurezza” individua lo status giuridico degli appartenenti alla Polizia Locale Italiana; numerose previsioni normative riconoscono alla Polizia Locale “il diritto”, proprio per le funzioni de quibus, di accedere, in attesa che tali disposizioni vengano meglio regolate e definite, per il tramite delle altre forze di Polizia ad ordinamento statuale. La Polizia Locale non ha nulla da imparare dagli altri, anzi, tante volte siamo proprio noi a formare gratuitamente anche i Colleghi delle altre FF.OO., e lo facciamo ben volentieri, senza temere che nessuno possa sottrarci qualcosa, a differenza di altri.

Ovviamente tali rimostranze verranno inviate alle Autorità interessate.

La Segreteria Generale SULPL